museo?

Proprio stamattina, complice un numero di Casabella di qualche mese fa, mi sono imbattuto nel brano che mi accingo a riportare, tratto dal saggio La tavola pitagorica. Luoghi italiani di Giorgio Manganelli (che per completezza d’informazione dirò anche essere uscito nel 2005 nel catalogo della Piccola Biblioteca Adelphi).
Trovo possa essere un buon punto di partenza per qualche riflessione sui musei, tradizionalmente luoghi dell’arte e per l’arte, occasioni di incontro con l’opera e le opere, ma al contempo indubbiamente luoghi di compromesso, forzatura, sintesi, catalogazione, con tutti i rischi del caso…

“Io diffido dei musei, in primo luogo dei musei istituzionali, che tendono a raccogliere e catalogare “tutto”. La biblioteca è pedante ma onesta. Non pretende di essere unica. Il museo esige di essere solitario, esemplare, irripetibile. È fatto di oggetti unici. Ogni esempio è una preda, comprata, catturata, deportata, scovata, scavata, rubata, corrotta, scambiata, trafugata. Un museo presuppone una passione non ignara di delitti, una cupa concentrazione, la mitologica fantasia di poter ritagliare uno spazio piatto e concluso, tolemaico, nel mondo sferico copernicano. Un museo nasconde una macchinazione, una prepotenza, una frode. Raccoglie quelle cose ambigue e un poco sinistre che sono i capolavori; colleziona opere d’arte, in nome della bellezza; infine pretende di essere istruttivo. In ogni caso, i musei agiscono in modo riduttivo; l’opera chiusa nella teca del museo è catturata in un lager di squisitezze, viene dichiarata eterna perché rinuncia alla propria qualità magica, alla intrinseca violenza, perché accetti di essere “bella”.

Trattasi evidentemente di una lettura al vetriolo, col cui estremismo potrete concordare o meno, ma nei confronti della quale non credo si possa restare indifferenti. Non vi è alcun dubbio che l’istituzione museale si trovi costantemente a breve distanza dallo stare alle opere come lo zoo sta agli animali.

In tutto ciò qual è la regola, e quale l’eccezione? Cos’è il museo, a che domanda risponde? E in che modo? In quanti modi? In quali? A quali domande ha saputo rispondere, e a quali no? A quali domande deve ancora rispondere? Quale il bisogno che spinge ancora oggi alla creazione del “museo”, e quale lo stimolo che ne vorrebbe ancora oggi il crollo e si inebrierebbe ai fumi densi del suo rogo? Il museo… è la fine del contemporaneo, o la sua esaltazione? Contiene l’ombra dell’eterno o i flussi della storia? Sono storicamente cambiati i musei con l’evoluzione storica dell’arte? Che rapporto c’è fra la storia del museo e la storia dell’arte?

A voi.


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